In questi ultimi tempi si è parlato molto del tema dell’aborto in seguito anche alla scomunica di alcuni medici brasiliani da parte dell’arcivescovo Josè Cardoso Sobrinho. La chiesa è sempre stata fortemente contraria all’interruzione delle gravidanze, mostrando, in maniera assoluta, la parte oscura di questa terapia medica: l’uccisione di una vita umana.Non si può certamente dire che non abbia ragione, ma non si deve dimenticare il detto latino:”summum ius, summa iniura”: ovvero una rigida applicazione delle leggi e delle norme morali può portare a un’ enorme ingiustizia.L’aborto può assumere un carattere accettabile, come nel caso della bambina brasiliana di 9 anni violentata, che ritrovatasi incinta di 2 gemelli, ha potuto avvalersi di tale tecnica. In questa circostanza l’operazione chirurgica sarebbe stata comunque necessaria, poiché, con la continuazione della gravidanza, la bambina avrebbe rischiato la rottura dell’utero e una grave emorragia, lasciando molto probabilmente i figli orfani.L’aborto può anche essere visto come un diritto all’autodeterminazione della donna e ad una maternità consapevole: la sua proibizione costituirebbe una riduzione delle libertà dei singoli individui. Infatti, ogni persona deve avere la libertà di poter fare le proprie scelte, soprattutto su eventi decisivi della propria vita come la nascita di un figlio.Inoltre, sebbene possa apparire crudele uccidere un feto, è ancora più crudele crescere un figlio senza amore o senza i mezzi per garantirgli una vita dignitosa.Per questi motivi non bisogna sempre osservare i fatti secondo una visione assolutistica e astratta - che traspare dalle parole di padre Grieco : ”La chiesa non può mai tradire il suo annuncio, che è quello di difendere la vita dal concepimento fino al suo termine naturale” - ma relativistica, come ci suggerisce Rivaldo, uno dei medici scomunicati,: “Ho pena di chi non riesce ad avere misericordia per una bambina innocente, debole e denutrita, che subiva violenze da quando aveva 6 anni”.
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