La legge sulla fecondazione assistita approvata nel 2004 è apparsa sin da subito lontana dalle norme stabilite da tempo negli altri paesi europei. La legge 40, infatti, proibisce la diagnosi preimpianto e costringe la donna all’impianto di tutti gli embrioni prodotti, anche se malati.
Questo divieto è tanto più assurdo, in quanto la legge sull’aborto consente alla donna di interrompere la gravidanza nel caso in cui, in seguito ad un’amniocentesi, dovesse scoprire che l’embrione è portatore di una malattia genetica. Il paradosso è che quello che non è consentito dopo poche ore di vita dell’embrione, è autorizzato dalla legge dopo qualche mese, in uno stato più avanzato della gravidanza con conseguenze fisiche e psicologiche più gravose per la donna.
La legge 40 impedisce di fatto il ricorso alla fecondazione assistita alla coppie che, pur non essendo sterili, abbiano un’alta probabilità di trasmettere una malattia genetica come la talassemia. Per molte coppie portatrici di queste malattie, esclusa la diagnosi preimpianto, le opzioni si riducono a tre: avere un bambino che morirà di lì a poco fra atroci sofferenze, scegliere l’aborto terapeutico o rinunciare ad avere un bambino. Il risultato è che ogni anno 30 mila neonati sono affetti da gravi malformazioni.
Gli studi pubblicati dal Ministero della Sanità dopo l’entrata in vigore della legge mostrano un calo vertiginoso dei parti, un particolare svantaggio per i casi di sterilità maschile più severa, un aumento dei parti plurimi, degli aborti e delle gravidanze extrauterine. Stando a quanto ci dicono i dati, i dogmi della legge 40 sono un incentivo verso la non procreazione piuttosto che verso la vita.
Come spesso accade in Italia, i cittadini sono stati costretti a ricorrere ai tribunali per difendere i loro diritti costituzionali. Secondo alcune sentenze del Tar, il limite di tre embrioni impiantabili è in contrasto con il diritto alla salute sancito dalla Costituzione, perché restringendo il numero degli embrioni si riducono di conseguenza le probabilità di successo dell’operazione, esponendo la donna al rischio di dover affrontare altri pesanti trattamenti farmacologici. Il Tar ritiene, inoltre, che la legge 40 non tenga in considerazione il fatto che la procreazione assistita “è un trattamento sanitario” e quindi un diritto sociale riconosciuto e garantito dalla Costituzione.
La maggioranza dei paesi europei, tra cui Austria, Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna, Svezia, Norvegia, Belgio e anche Stati Uniti, non è colpita da tali norme. L’Italia sembra essere uno dei pochi paesi al mondo dove libertà e politica, al posto di completarsi l’un l’altra, si trovano in contrasto: pressioni politiche, indebite perché non fondate sul Diritto di tutti ma sulla morale di alcuni, hanno avuto un’impronta decisiva per l’approvazione di questa legge dannosa e liberticida.
Per fortuna l’UE pone limiti all’arbitrio e ci impone di mantenere uno standard minimo di civiltà!
Le troppe limitazioni italiane, purtroppo, spingono ogni anno molte coppie (circa 10 000) con problemi di sterilità ad espatriare per cercare al di fuori del nostro stato una soluzione al proprio problema. L’incremento dei viaggi all’estero è stato del 400%! Il commercio globale che si cela dietro alla diagnosi preimpianto implica un giro d’affari di 50-70 milioni di euro. In Spagna affermano persino che, grazie alle “leggi burqa” volute dai nostri politici, i loro affari sono migliorati. Si è recentemente scovata una clinica della fertilità in Romania che praticava un traffico illegale di cellule umane. Giovani donne (tra cui molte italiane) venivano reclutate per vendere ovociti da impiantare nelle pazienti. Questo non è un caso isolato, purtroppo, sono state scoperte anche banche del seme con ovuli ed embrioni illegali.
Ma se le frontiere della biologia molecolare ci garantiscono test precisi, affidabili e non invasivi, partendo da una quantità minima di materiale biologico, che consentono alla donna di crescere un figlio sano, perché gli voltiamo le spalle come dei bigotti ? A cinque anni dall’entrata in vigore della legge sarebbe opportuno riflettere sulla validità della legge medesima, a partire dagli esiti dello sviluppo scientifico, delle indagini giornalistiche e delle sentenze giudiziarie, allo scopo di garantire al meglio proprio i principi ispiratori dichiarati dalla legge, che sono la tutela della vita e della salute delle donne e del concepito.